VALUTAZIONE TITOLI STORICI
Oltre alla tradizionale definizione dell’economia secondo cui il prezzo di un articolo viene determinato dal rapporto domanda/offerta, per valutare un vecchio titolo esistono dei criteri ben determinati. Vi riportiamo di seguito un elenco dei vari fattori che ne influenzano il valore.
L’importanza storica
Sono ricercati i titoli emessi durante rilevanti eventi storici come la rivolta dei Veneziani contro gli Austriaci o durante la Repubblica Sociale; all’estero, per esempio in America del Nord, i titoli emessi durante la guerra di Secessione dagli Stati Confederati d’America.
Lo stato di conservazione
Un titolo appartenente ad una emissione di 100.000 certificati può essere rarissimo se molti ne sono andati distrutti; analogamente un titolo di piccola emissione si può considerare abbastanza comune se quasi tutti gli esemplari sono ancora presenti sul mercato. Sarebbe perciò utile poter conoscere il numero dei titoli originariamente emessi e quello presumibilmente ancora in circolazione.
Il valore artistico
Ovvero la grafica particolarmente decorativa oppure le opere di famosi incisori. Una sezione, in fondo al volume, è dedicata alle valutazioni dei titoli concepiti da celebri illustratori italiani come Beltrame, Codognato, De Carolis e altri.
L’anno di emissione
Generalmente più vecchio è un titolo, più aumenta il suo valore. Per i titoli storici italiani è importante, come punto di riferimento, l’anno dell’unificazione d’Italia. I certificati preunitari, emessi prima del 1861, hanno generalmente un valore più elevato di quelli postunitari. Vale la pena menzionare il fatto che nel 1861 esistevano sul territorio italiano solo 280 S.p.A., all’epoca dette società anonime. Ciò non esclude comunque la possibilità che ne siano esistite altre in precedenza, nel frattempo già fallite, assorbite o scomparse in qualsiasi modo. I certificati di fondazione hanno spesso un valore più elevato di quelli successivi.
Le firme di personaggi famosi
I titoli con le firme autografe di John D. Rockefeller (fondatore della Standard Oil Company), Cornelius Vanderbilt (leggendario magnate delle ferrovie americane e fondatore dell’Accessory Transit of Nicaragua), Henry Wells o William Fargo (fondatori della American Express Company) – per citarne alcune – raggiungono prezzi considerevoli.
Fra gli autografi sui titoli italiani spiccano quelli di personaggi della vita politica prima dell’unificazione d’Italia, quali: Cavour, Garibaldi, Armellini, Mazzini, Saffi e Manin, promotore della rivolta veneziana contro gli Austriaci e presidente del Governo Provvisorio di Venezia.
Per quanto riguarda la vita economica del nostro paese di grande rilievo gli autografi di G. Agnelli, R. Rubattino e I. Florio.
Il taglio
Il capitale di una S.p.A. è notoriamente suddiviso in un numero determinato di azioni, aventi per legge lo stesso valore nominale. I certificati rappresentativi delle azioni stesse possono essere unitari, se corrispondono ad una azione, o multipli, se corrispondono a più azioni. Analogo sistema si adotta per le emissioni di obbligazioni. In genere si procede in base ad una progressione di 5, 10, 25, 50, 100, 250, 500 e 1.000 azioni od obbligazioni. Questi raggruppamenti si chiamano “tagli”. Poiché i piccoli tagli sono più comuni, un taglio maggiore vale in genere di più.
I titoli non emessi o in bianco
sono certificati mai datati, senza sigillo, firma o nome dell’azionista, in caso di azioni nominative. Venivano tenuti come riserva dalle società.
I campioni di stampa o specimen
Sono titoli azionari od obbligazionari stampati in pochissimi esemplari da depositare presso la Camera di Commercio e l’Archivio della società. Lo “specimen” si distingue da un titolo non emesso per la presenza di piccoli fori dal diametro di circa 3-5 mm che compaiono sul certificato al posto delle firme, del numero progressivo e sulle cedole. Lo stato di conservazione di tali esemplari è generalmente fior di stampa (UNC = uncirculated).